Rudraksha, il seme sacro.
Forse pianse per il dolore alla gola che gli provocò il veleno che bevve per salvare il mondo durante il Samutramanthan, il frullamento dell’oceano cosmico, o forse le sue erano lacrime di gioia per aver distrutto Tripura la città dei demoni, altri testi ancora assicurano che si trattava di lacrime di dolore perché non era riuscito a sostenere la meditazione o addirittura erano lacrime che sgorgarono dopo che lui aveva constatato la condizione del mondo.
Fatto sta che Shiva pianse e che da quelle sacre lacrime nacque l’albero della Rudraksha,un sempreverde chiamato Elaeocarpus ganitrus che nasce in certe regioni dell’India e dell’Asia e produce una bacca bluastra grande più o meno come una noce i cui semi sono considerati sacri. Il nome deriva dal sanscrito e significa occhio di Shiva.
Secondo l’induismo i semi di rudraksha hanno poteri e significati religiosi, mistici e vengono utilizzati per realizzare i rosari indiani indossati dai Sadu, le aksamala (mala).
La medicina ayurvedica asserisce che i semi di rudraksha emettono onde elettromagnetiche che hanno effetti benefici su cuore, sistema nervoso e pressione sanguigna ed alleviano lo stress, la depressione, l’ansia e la stanchezza mentale.
I semi vengono distinti in base al numero degli spicchi o facce in cui sono suddivisi dette mukhi (mukhia in sanscrito significa faccia) e ci sono rudraksha rarissimi, come quello con una sola mukhi di cui si dice ne nasca uno ogni tre anni.